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Silvana Milesi
L’UOMO DELLA FELICITÀ e del sacrificio

La vicenda di don Vittore è resa con uno stile che mi ha ricordato Piero Bargellini nelle sue pagine più avvincenti della “Vita di San Bernardino” e dei “Santi come uomini”. Anche quando l’orizzonte si rende più drammatico o angosciato, il tono resta dignitosissimo, forte, vivo; le molte vicende cariche di commozione coinvolgono con fluidità dinamica: sobrietà e ricchezza ad un tempo nei personaggi, scolpiti a tutto tondo, senza mai diventare monumentali…
Il racconto corre prezioso e limpido come un ruscello di montagna, tutto movimento e freschezza fra le rocce e poi riposare in piccoli laghi rendendosi specchio del sole, e poi via di nuovo con risoluta destrezza, con fantasia creativa a scovare nuove possibilità di passaggio…
Don Vittore ci viene incontro come giovane uomo vestito a festa, perché ha portato nel mondo la gioia del Vangelo e del senso della vita a quanti ha incontrato, dentro la quotidiana sofferenza del suo corpo e del suo ministero… (Mons. Gianni Carzaniga)


Poiché ormai non vi è altro modo
eccetto la bontà per vedere colui che ognuno vuol vedere,
tutti devono sforzarsi di essere buoni come lui
(John Donne “Il primo anniversario”)

Capitolo I - Il sangue versato
Va’, mangia con gioia il tuo pane, bevi il tuo vino con cuore lieto,

perché Dio ha gradito le tue opere. (Quoèlet.9.7)

Questo è il mio corpo... Questo è il mio sangue versato per tutti... Mistero della fede... Possa io versare me stesso, riversandomi nei fratelli, "mendicante che va, con la mano tesa, di porta in porta, senza nemmeno osare battervi". Il pane... il vino... Dio padre, Dio figlio, Gesù crocifisso... Troppo forte è il tuo abbraccio. Le spine si conficcano nella carne... Domine, non sum dignus... Domine, non sum dignus... Allontana questo calice... Sia fatta la tua volontà...
Il dolore non prova più il mio corpo. Una mano dice il Rosario. L'anima mia colma di gioia e di pianto si espande oltre i limiti mortali. È una Passione solenne e struggente di Bach. Consummatus est. Tutto è Grazia. Il sangue defluisce lentamente dalla gola con la vita che esala. Un rigagnolo rosso sul pavimento lucido della stanza. Tutto è Grazia.
Consola tu o Vergine Madre la cara Virginia, e i fratelli quando apriranno la porta di questa stanza consacrata come un altare dalla morte. Me ne vado senza un addio. Anch'io avrei voluto una cerimonia degli addii. Hai sempre preteso molto da me, ricolmandomi di grazie oltre ogni mia capacità di "sopportarle". Perché o Signore? Ero un ragazzo come tanti altri, anzi meno di tanti altri. Più goloso della vita, più pigro, più incantato, più discolo, più assetato di gioia.