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Carlo Graffigna
DUE SILENZI
Racconti

DUE SILENZI. Se compiuti cinquant’anni di giornalismo attivo e di libri-inchiesta, uno si sveglia al mattino e sente un piacevole e prepotente bisogno di raccontare delle storie per rievocare il passato, filtrato dalla memoria e dal tempo, niente e nessuno glielo possono impedire, ma deve sapere che sta andando incontro a qualcosa di nuovo. Sta passando dalla precisione della cronaca alla fantasia, dalla realtà al sogno, dalle regole alla confusione, dall’ordine agli infiniti intrecci della vita. Insomma, in parole povere, si passa dal giornalismo alla narrativa.
Senza i confini precisi, tracciati dagli eventi, e senza i limiti imposti dalla necessità di rimanere fedeli agli avvenimenti, ci si sente sperduti, si vaga nel vuoto. L’unica cosa che si crede di conoscere bene - ma non è quasi mai vero - siamo noi stessi e questo spiega come, nella stragrande maggioranza dei casi, i libri di esordio dei nuovi autori siano vere e proprie autobiografie, più o meno camuffate. Al massimo, ci si spinge fino ad un mondo popolato dalla fetta di orizzonte che il nostro sguardo riesce ad abbracciare.
In questo libro, che fa parte dei tre che, in poco più di un anno, mi hanno trasferito dal giornalismo alla narrativa, pur restando avvinghiato al tradizionale salvagente famigliare, ho cercato di dilatare l’orizzonte e sono nate storie, situazioni e avventure diversissime: da un’infantile, casta, iniziazione sessuale, alla tragicommedia di un pasticcio spionistico, dalla morte di un nonno che fa dire, a me bambino, che “adesso lui sa cosa c’è di là”, alle vicende legate all’età della stüpidera.
Si dirà che tre libri, in così poco tempo, fanno nascere il sospetto che la fretta possa essere andata a discapito della qualità. Ai lettori, naturalmente, il giudizio. Ma poi, chi l’ha detto che la velocità affossa sempre la qualità? Einstein? C.G.