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Silvana Milesi
Artisti a Bergamo
del tempo di LOTTO

Le ragioni di un percorso
Vi è uno splendore in Bergamo appena sfiorato nel libro Un’idea su Torquato Tasso di questa stessa collana ed è lo splendore degli anni bergamaschi di Lorenzo Lotto, che proprio per Domenico Tassi, prozio di Torquato, dipinse un nucleo di bellissime opere. Quasi a far da testimone tra i due libri Tasso-Lotto, Il Ritratto di Gentiluomo con rosario (Domenico Tassi ?) inaugura il libro sul tempo del Lotto a Bergamo introducendo il filo conduttore degli Artisti a Bergamo in quell’arco di anni tra il 1512 e il 1525, poiché fu proprio il pio Domenico Tassi, conte cavaliere apostolico, a chiamare a Bergamo Ambrogio Bergognone per dipingervi il Polittico di Santo Spirito, meraviglia ancor più rifulgente per il recente restauro nell’omonima chiesa, detta dei Tassi.
Affinché l’arazzo si dispiegasse in tutto il suo pittorico splendore, si è voluto risalire di qualche decennio per ricercare i fili lucenti da cui quella bellezza è discesa, a partire dagli angioletti che stendono il drappo dietro la Madonna dell’umiltà dell’Angelico, spunto per i vivacissimi angioletti del Lotto nelle pale bergamasche, passando alle novità del Rinascimento lombardo di Foppa e Bergognone, a Jacopo, Gentile e Giovanni Bellini, ideali maestri del Lotto a Venezia, mentre la Madonna di Alzano, ordinata direttamente al Giambellino da un Agliardi, giungeva a Bergamo. Ogni opera scelta dei vari Artisti a Bergamo è un cammino verso il Lotto con più o meno palesi richiami che non sfuggiranno al lettore più attento. Il legame con il ferrarese Tura è fatto di misticismo e di passione per le pietre antiche, mentre con il Crivelli è il suo disperdersi nelle Marche quasi in attesa dei musicali poemi di Lorenzo. Il narrare raffinato del Pesellino e quello vivace di Botticelli, nelle Storie affrescate dal Lotto a Trescore, avrà una nuova immediatezza di filmica modernità. Poi il Palma, amico del Lotto a Venezia. Tiziano, l’antagonista in patria e da lontano, fino ad un convergere pittorico negli anni della vecchiaia. E Raffaello, quasi coetaneo, incontrato nelle Stanze Vaticane in un reciproco influenzarsi. Per non dire dei bergamaschi Previtali e Cariani, fattisi veneziani poi tornati in città, sospinti dalla presenza del Lotto ad esiti superiori alle loro già notevoli premesse.
Per Artisti a Bergamo del tempo di Lotto si intendono dunque i grandi artisti del Rinascimento approdati a Bergamo di persona o nel corso dei secoli con i loro capolavori.
Il sopraggiungere a Bergamo nel 1512 del genio inquieto di Lorenzo Lotto, impose un’arte nuova, fatta di luce discontinua e vagante, di angeli soffiati nel vetro incandescente, di pittura la più fantastica e, insieme, la più partecipe della vita affettiva, dei gesti spontanei, dell’attimo quotidiano. Per Bergamo fu una illuminazione inattesa e sorprendente. D’improvviso la città divenne uno dei luoghi eletti della pittura italiana, anzi europea. Divenne l’altra Venezia.
La sua pittura diventò parte integrante della storia di Bergamo e delle grandi famiglie di nobili, di mercanti, di medici e notai, con i quali Lorenzo strinse amicizie durature e per i quali dipinse una scia luminosa di capolavori costellata di pale d’altare e polittici, sottili e penetranti ritratti, deliziose tele devozionali, fino agli affreschi a Trescore, alle composizioni edificanti, allusive e surreali delle tarsie in Santa Maria Maggiore.
Artista straordinario, affascinante e misterioso, il Lotto si disvela nelle Lettere (pubblicate nel 1963 da monsignor Chiodi), nei suoi vari testamenti e nel Libro di spese diverse, talora con forza di grande prosatore e testimone dei un secolo splendido e insieme crudele per le crisi religiose, gli eserciti occupanti, le miserie e pestilenze (il «sacco e flagello di Roma», le «paure di Firenze», la «furia della peste»).
Il Lotto non ebbe allievi, né una sua scuola, ma fece scuola in tutto il secolo, non solo per certe “coincidenze” prima con Moroni, poi con Caravaggio, ma per quel suo carattere di testimone di una crisi spirituale, per quella sua religiosità mistica e devozionale che si ritroverà nell’arte della Controriforma.
Dispiegato con ricchezza di dettagli il periodo bergamasco del Lotto, il libro delinea il suo vagante itinerario: quello interiore di una sensibilissima religiosità, passata attraverso fermenti riformistici e vissuta come desiderio di una rinascita di valori e di un ritorno alle fonti evangeliche («sono de natura et religion christiana, et chi se ingana suo dano»), e il parallelo itinerario artistico, di città in città, fino all’approdo («solo, senza fidel governo et molto inquieto de la mente») a Loreto (1), dove si fece oblato della Santa Casa, idealmente ricongiungendosi il suo percorso con quello di Torquato Tasso, che negli ultimi suoi giorni volle ritirarsi in Sant’Onofrio sul Gianicolo per incominciare con i “divoti padri” la sua “conversazione con il cielo”.
1) Fu un periodo ancora intenso di lavoro fino alla “silenziosissima e dolente” Presentazione di Gesù al Tempio, quasi un testamento spirituale dai colori spenti, che riassume la profondità teologica del suo pensiero. Al concetto di purificazione, insito nel rito del sacerdote che impone le mani sul Bambino presentato dalla Madre inginocchiata, è esplicitamente legato il concetto dell’eucaristia (le mani sopra il pane e il vino nella consacrazione) che si amplia nella redenzione. L’altare ricoperto solo dalla bianca tovaglia e sorretto da piedi umani, può infatti alludere allo stesso corpo di Cristo deposto dalla croce e insieme alla purezza riacquistata dagli uomini con il sacrificio di Gesù.