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Silvana Milesi
CAPOLAVORI DEL CONVENTINO

Con lo stesso intuito artistico, con la stessa passione per il bello che nel Settecento animarono il conte Giacomo Carrara nel raccogliere i capolavori della sua Pinacoteca, don Giorgio Longo, nella seconda metà del Novecento, costituì il Museo del Conventino, alla luce di nuove motivazioni rispondenti al suo animo sacerdotale, sensibile alla poesia, alle arti, alla letteratura. Discepolo dell’ardente carità di don Bepo Vavassori, don Giorgio, capolavoro dopo capolavoro, delineò il Museo con un disegno ben preciso. Nucleo centrale doveva essere La sala dei misteri del Rosario, da contemplare attraverso la bellezza dell’arte, nel significato cristiano di misteri cosmici di Crescita, Distruzione e Rigenerazione: «Di mistero in mistero, Cristo, centro del firmamento e della vicenda umana, solleva al suo massimo e divino significato tutta intera la bellezza e la necessità del ciclo vitale».
Nella sala – e quindi nel libro – sono raccolti capolavori del Quattrocento, del Cinquecento e del Seicento di artisti bergamaschi (Cavagna, Lolmo, Palma Giovane, Salmeggia), italiani (Giordano, Bassano, Fontebasso, Carracci, Chimenti, Procaccini, scuola del Bellini, del Reni) e stranieri (El Greco), proseguendo poi il museo in altre sale in un succedersi di opere che di secolo in secolo, conducono ad artisti contemporanei. Non mancano antichissimi capolavori di scultura da far invidia ai più importanti musei, mentre nella galleria dei quadri moderni molte furono le tele acquisite con occhio esperto e molte donate dagli stessi artisti, o dagli eredi (due sale intere dedicate a Carlo Ferrari) per la stima verso don Bepo e don Giorgio.
Nella sua introduzione don Giorgio Longo racconta il crescere della Pinacoteca, le sue speranze e le sue inevitabili apprensioni per il futuro.
All’opera meravigliosa di don Bepo Vavassori, il don Bosco bergamasco, sono dedicate alcune pagine finali, inserendosi la sua storia di carità nella viva storia del Novecento bergamasco.